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Tag: Apartheid

L’Ammiraglio sotto spirito e il leone putrefatto

Trafalgar Square – Tube: Charing Cross

Il corpo dell’Ammiraglio Nelson sbarcò a Gibilterra all’interno di una botte di brandy, mescolato con canfora e mirra. Fu adagiato in una cassa rivestita di piombo e riempita di acquavite e riprese il viaggio verso Londra, dove giunse un mese dopo. Qui fu eseguita l’autopsia e quindi un altro travaso, questa volta nuovamente in un sarcofago colmo di brandy. Dieci giorni dopo fu il turno di una cassa ricavata dal legno dell’albero maestro della nave francese L’Orient, che fu posta dentro un feretro di piombo, a sua volta contenuto in una cassa di legno. Dopo quasi tre settimane di onori solenni giunse infine il giorno del funerale e la collocazione dell’Ammiraglio nella cripta di St Paul’s Cathedral, dove riposa ancor oggi.

Horatio Nelson era morto dopo tre ore di agonia, alle 4 e 30 del pomeriggio del 21 ottobre 1805, colpito da un cecchino francese durante la vittoriosa battaglia di Trafalgar.

Da allora è l’eroe nazionale inglese per antonomasia, l’uomo che fu in grado di sconfiggere e ridimensionare le ambizioni di Napoleone Bonaparte.

Nel 1838 fu creato un comitato per la costruzione di un monumento in suo onore, nella piazza antistante la National Gallery, appena costruita. Fu bandito un concorso, vinto dalla colonna corinzia disegnata da William Railton, in cima alla quale fu posta una statua dell’Ammiraglio, opera di Edward Hodges Baily. Da allora lo sguardo severo di Horatio Nelson è posato notte e giorno sulla città.

La sua importanza simbolica è talmente grande che durante la seconda guerra mondiale Adolf Hitler aveva deciso che una volta invasa l’Inghilterra avrebbe fatto spostare l’intero monumento a Berlino.

La colonna è stata scalata in varie occasioni, più o meno ufficiali, per attirare l’attenzione dei cittadini inglesi su temi sociali o politici. Nel 1979, ad esempio, Ed Drummond raggiunse la sommità del monumento in segno di protesta contro l’Apartheid, mentre nel 1988 fu la volta degli attivisti di Greenpeace, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica circa gli effetti delle piogge acide. All’alba del 18 aprile 2016 l’ultima azione eclatante in ordine di tempo, nuovamente targata Greenpeace: alcuni militanti scalarono la colonna e misero una maschera per la respirazione davanti alla bocca di Nelson, per protestare contro i pericolosi livelli di inquinamento dell’aria.

Una scalata autorizzata fu invece quella di John Noakes, uno dei conduttori della trasmissione per ragazzi Blue Peter, che raggiunse senza imbragatura (!) gli uomini incaricati di eliminare gli escrementi di piccione accumulatisi negli anni. Una scena impensabile ai giorni nostri: evidentemente le leggi sulla sicurezza vigenti nel 1977 non erano così rigide come quelle odierne!

Già nel 1968 la statua di Nelson era stata oggetto di un intervento di pulizia, come mostra questo filmato di British Pathé.

Ma la storia più interessante è forse quella dei quattro leoni in bronzo che furono posti alla base della colonna.

Il compito di crearli fu inizialmente affidato allo scultore John Graham Lough, il quale entrò presto in contrasto con l’architetto Railton e decise di rinunciare all’incarico. Fu quindi scelto Thomas Milnes, che propose quattro leoni in pietra che però non convinsero i committenti. Furono notati dal filantropo Titus Salt, che li acquistò e li fece trasportare nel West Yorkshire, a Saltaire, il villaggio modello da lui creato, dove si trovano tuttora.

Per i leoni di Trafalgar Square fu infine scelto il pittore Edwin Landseer, celebre all’epoca per i suoi quadri raffiguranti cani, cavalli e cervi.

Il fatto che non si fosse mai cimentato con la scultura, il suo perfezionismo e alcuni problemi di salute dovuti all’età non giovanissima fecero sì che si dovette attendere ben 9 anni per vedere finalmente i quattro leoni sotto il monumento all’Ammiraglio Nelson.

Landseer passò settimane intere allo Zoo di Londra per disegnare dal vero i grandi felini e chiese l’aiuto di Carlo Marochetti, scultore, per tradurre in tre dimensioni i suoi schizzi. Ma non era ancora soddisfatto del risultato. Fece richiesta all’Accademia Albertina di Torino di ricevere più copie di alcuni stampi ricavati da un leone appartenuto al Re di Sardegna. Gli stampi arrivarono molto tempo dopo e Landseer si mise al lavoro, con poca fiducia in se stesso. Non aveva mai dipinto un leone vivo, in passato ne aveva ritratto soltanto uno morto per il suo celebre “The Desert”, che fu tra l’altro l’ispirazione per il simbolo del Lyle’s Golden Syrup.

Il logo sulle scatola in latta richiama una storia del Vecchio Testamento, in cui Sansone uccide un leone e scopre in seguito che uno sciame di api ha formato un favo nella sua carcassa. “Dal forte uscì la dolcezza”, così recita la citazione biblica.

Il destino venne ad un certo punto in soccorso di Edwin Landseer. Un giorno, infatti, morì uno dei leoni dello Zoo di Londra e lui, appena ne fu a conoscenza, chiese e ottenne che venisse subito portato nel suo studio.

Il corpo dell’animale fu in qualche modo puntellato e messo in posa e Landseer iniziò a lavorare. Fu costretto a farlo rapidamente perché dalla carcassa cominciarono presto a provenire odori sempre più spiacevoli. Quando, dopo alcuni giorni, lo stato di decomposizione fu più che avanzato e il fetore divenne insopportabile per le sue narici, i resti del leone furono portati via prima che il lavoro venisse completato. Il risultato fu che le quattro statue inaugurate nel 1867 non sono del tutto convincenti. Verificate voi stessi la prossima volta che passate per Trafalgar Square: le zampe dei felini, a detta di molti, assomigliano più a quelle di un gatto…

Chissà se le cose sarebbero andate diversamente se il corpo del leone fosse stato conservato sotto spirito come quello dell’Ammiraglio Nelson tanti anni prima… Magari Landseer avrebbe avuto più tempo per scolpire delle effigi più realistiche… In ogni caso le quattro statue di Trafalgar Square sono ormai un’icona londinese e per molti turisti la foto in groppa al leone è un appuntamento irrinunciabile.

Una leggenda narra infine che il giorno in cui il Big Ben suonerà 13 rintocchi, i leoni prenderanno vita e cammineranno per Londra, seminando il panico tra la gente.

 

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Author The LondoNerDPosted on 18 November 201721 July 2018Categories Aneddoti, Curiosità, PersonaggiTags Accademia Albertina, acquavite, Adolf Hitler, Ammiraglio, Apartheid, battaglia, Berlino, Big Ben, Blue Peter, brandy, canfora, Carlo Marochetti, colonna, Ed Drummond, Edward Hodges Baily, Edwin Landseer, eroe, funerale, gatto, Gibilterra, Greenpeace, Horatio Nelson, John Graham Lough, John Noakes, L'Orient, leone, logo, London Zoo, Lyle's Golden Syrup, mirra, Napoleone Bonaparte, National Gallery, Nelson, pittore, Re di Sardegna, Saltaire, Sansone, scalata, scultore, St. Paul's Cathedral, statua, The Desert, Thomas Milnes, Titus Salt, Torino, Trafalgar, Trafalgar Square, Vecchio Testamento, William Railton1 Comment on L’Ammiraglio sotto spirito e il leone putrefatto

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