Burlington Arcade, il centro commerciale del 1819

51, Piccadilly – Tube: Green Park


Siamo già stati da queste parti qualche anno fa, quando vi invitai ad entrare nel grande cortile della Royal Academy of Arts per osservare da vicino i due esemplari di K2, la mitologica cabina telefonica disegnata nel 1924 da Giles Gilbert Scott. Li trovate all’ingresso, seminascosti, dietro i massicci cancelli di ferro battuto che un tempo erano l’accesso a Burlington House.

Quella che un tempo era la dimora dei conti di Burlington, più volte ampliata e rimaneggiata, ospita oggi, oltre alla celebre Royal Academy of Arts che occupa l’edificio a nord, altre cinque prestigiose società di proprietà dello Stato: la Geological Society of London, la Linnean Society of London, la Royal Astronomical Society, la Society of Antiquaries of London e la Royal Society of Chemistry.

Nel 1815 tutto l’enorme edificio era proprietà di un solo individuo, Lord George Cavendish.

Aveva comprato Burlington House da un nipote, per l’enorme somma di 70.000 sterline, e si era subito messo all’opera per apportare importanti modifiche. Per farlo assunse un giovane architetto, Samuel Ware, che adottò lo stile palladiano già presente in parte dell’edificio.

Sul lato ovest c’era un bellissimo giardino, nel quale Lord Cavendish amava sostare, all’ombra di alberi frondosi, godendo del profumo di innumerevoli varietà di fiori.

Il giardino confinava con uno vicolo stretto e malfamato, che collegava Piccadilly con la parallela Burlington Gardens. A dividere il paradiso terrestre di Lord Cavendish dalla stradina frequentata dalla plebe c’era soltanto un alto muro di mattoni, che però non era sufficiente a garantirgli la quiete.

Capitava spesso, infatti, che nel giardino finissero torsoli di mele, gusci d’ostrica e persino bottiglie di vetro lanciati dai passanti. Un giorno, mentre il nobile era seduto su una panchina e si godeva il canto degli uccellini e il tepore del sole primaverile, fu colpito in testa da un gatto morto, scaraventato da chissà chi oltre il muro di cinta.

Lord Cavendish, furioso, chiamò l’architetto e commissionò la distruzione del vicolo e la costruzione al suo posto di una lunga sfilza di negozi, che avrebbero dovuto vendere merce pregiata, principalmente gioielleria e accessori.

Il nobiluomo, inoltre, desiderava che sua moglie potesse fare acquisti in un contesto adeguato, in mezzo a donne e uomini di ceto elevato e “lontano dalle strade di Londra, caotiche, sporche e piene di delinquenza”.

Nacque così nel 1819 la Burlington Arcade, lunga 179 metri, uno dei primi centri commerciali mai realizzati.

I negozi erano 72, 36 per lato, tutti al pianterreno.

Nel 1906 fu aggiunto un ulteriore piano a ogni negozio e nel 1911 fu rifatta l’entrata che si affaccia su Piccadilly, su disegno di Arthur Beresford Pite.

Le sculture che la adornano sono opera di Benjamin Clemens.

L’illuminazione proviene dall’alto, perché il soffitto è provvisto di grandi vetrate, come si vede in questa fotografia di Pia Zanetti tratta da “Qui Londra”.

Fin dal giorno dell’inaugurazione la Burlington Arcade è sorvegliata dai beadles, che vestono ancora l’uniforme tradizionale con cappello a cilindro e frock coat. I primi beadles appartenevano al reggimento di Lord Cavendish, il glorioso 10th Royal Hussars.

Il loro compito, da due secoli, è sempre lo stesso: far rispettare il regolamento. Non si può cantare, andare di fretta e comportarsi in modo chiassoso. Inoltre è proibito fischiettare perché un tempo il fischio poteva essere confuso con un segnale per gli scippatori per avvisarli della presenza di un beadle.

C’è un solo uomo al mondo a cui è consentito farlo: Paul McCartney.

La storia risale agli anni ’80: un giorno, mentre stava passeggiava fischiettando nella Burlington Arcade, Paul fu redarguito da un guardiano che non lo aveva evidentemente riconosciuto.

Dopo essersi scusato, il beadle concesse un’esenzione vitalizia all’ex Beatle.


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