The LondoNerD presents: “London by Gian Butturini”


Di fronte a me c’è un giradischi e un 45 giri con la copertina ingiallita e consumata dagli anni.

E’ un singolo uscito nei primi mesi del 1969, il debutto discografico di un gruppo originario di Worthing che suonava un onesto miscuglio di blues e rock. Si chiamavano Steamhammer e il titolo del singolo è “Junior’s Wailing”.

Accendo il giradischi, tiro fuori il vinile dalla sua malconcia custodia e lo appoggio sul piatto. Abbasso il braccio, posiziono la testina sul disco e, dopo qualche secondo di quel delizioso crepitio che Spotify non potrà mai sostituire, gli Steamhammer riemergono dalle pieghe del tempo.

Il loro suono è il sottofondo adatto per immaginare di essere nella Londra del 1969. La stessa Londra in cui, in un giorno di Giugno di quell’anno, arrivò per lavoro un brillante grafico e designer d’interni di 34 anni. Veniva da Brescia e si chiamava Gian Butturini.

Non sapevo nulla di lui fino a pochi mesi fa. Una sera, non ricordo nemmeno come, mi capitò di imbattermi nel suo nome e in una storia che aveva occupato di recente le pagine dei giornali. Una storia difficilmente comprensibile ma che, proprio per questo, va raccontata dall’inizio.

Gian Butturini, come dicevo, giunse a Londra per lavoro, incaricato di seguire l’allestimento di uno stand che lui stesso aveva disegnato all’interno di Interplast, la fiera internazionale sull’uso industriale della plastica.

Nel decennio precedente si era fatto un nome nel mondo della grafica pubblicitaria e del design d’interni. Aveva talento, Gian Butturini. I suoi progetti e i suoi allestimenti riscuotevano successo, i facoltosi commercianti bresciani si affidavano a lui per rifare il look ai propri negozi.

Ma Gian Butturini aveva bisogno d’altro, cercava nuovi stimoli. E fu proprio Londra a darglieli.

Mentre i fratelli Baresi, falegnami e suoi compagni nella spedizione londinese, proseguivano l’allestimento dello stand di Interplast, lui mise al collo la sua Nikon e si fece inghiottire dalla metropoli.

Quello che era nato come un normale viaggio di lavoro si trasformò rapidamente in qualcosa di diverso, in un’appassionata esplorazione urbana per immortalare sulla pellicola l’umanità che gli capitava a tiro.

Persone di ogni classe sociale, di ogni età, con una particolare attenzione ai meno fortunati.

Nei suoi scatti c’è qualche piccolo sprazzo di Swinging London (i giovani capelloni con i loro vestiti psichedelici erano le prede preferite dei fotografi di quegli anni) ma l’occhio di Gian Butturini si ferma spesso e volentieri sugli individui meno appariscenti.

Ci sono gli ambulanti, i passeggeri sulla metropolitana, due amanti che si scambiano effusioni in un parco.

Ci sono le vie di Londra, i suoi personaggi eccentrici, ci sono scatti magistrali come quello dell’uomo anziano e malandato che si accinge ad attraversare la strada.

“Camminavo nella notte per le strade deserte di Richmond senza un perché, dopo aver sperimentato la cucina dell’hotel, tipicamente inglese, fish & chips, un piatto che si trova ovunque e che suggerisce i rigori dell’ultima guerra mondiale. La metropolitana londinese è un grande palcoscenico. La vita, la morte, l’amore si rincorrono per i tubes che portano alle stazioni, dove ad ogni arrivo di treno, c’è un ricambio di situazioni. A Earl’s Court mi attrasse la figura imponente di un “Gesù nel tempio”, con la tunica bianca e i capelli biondi sulle spalle, che scendeva dalla scalinata di ferro con aria solenne”.

Non era un fotografo di formazione, Gian Butturini, ma aveva già tutte le qualità per diventarlo.

Rientrato in Italia, “stanco di lavorare per chi fa soldi”, decise di tagliare i ponti con il passato e di abbandonare la carriera. Da quel momento in poi si sarebbe dedicato unicamente alla fotografia.

Per prima cosa raccolse alcuni degli scatti londinesi e li pubblicò a sue spese in un volume di cui furono stampate appena mille copie.

In quel libro, intitolato in modo eloquente “London by Gian Butturini”, mise tutta la sua sapienza di grafico. E’ un volume rivoluzionario per l’epoca, perché mischia le fotografie ai testi, le ritaglia, le modifica, le scurisce e le sgrana esageratamente.

Dopo “London”, negli anni seguenti e fino alla scomparsa nel 2006, Gian Butturini viaggiò incessantemente in tutto il mondo, ritornando da ogni Paese con un reportage fotografico. Visitò per prima l’Irlanda del Nord, nel 1972, in un periodo in cui lo scontro tra cattolici e protestanti era al suo apice.

Poi fu a Cuba, in Cile nel periodo di Salvador Allende, in altri Paesi dell’America Latina e poi in Spagna, Portogallo e in Africa.

Al centro delle sue fotografie, in tutti questi luoghi, la gente.

Qualche anno fa una rarissima copia di “London” fu trovata casualmente in un mercatino da Martin Parr, celebre fotografo inglese e membro della prestigiosa agenzia Magnum. Parr rimase folgorato dal lavoro di Butturini, si mise in contatto con la famiglia del fotografo bresciano e decise di portare alcuni degli scatti del libro in una mostra che stava organizzando al Barbican di Londra.

Fu così che Gian Butturini, dieci anni dopo la sua scomparsa, si ritrovò accanto a maestri del calibro di Henry Cartier-Bresson, Paul Strand e Robert Franck.

Ma Martin Parr, innamorato di quel libro così introvabile, fece di più: nel 2017 contattò un editore di Bologna e curò una fedele ristampa del libro, scrivendone la prefazione.

Fin qui la storia di Gian Butturini sarebbe una storia a lieto fine.

I problemi arrivarono nel 2019, quando una giovane studentessa inglese di antropologia si imbattè in “London”. Sfogliandolo si soffermò su uno dei dittici creati dall’autore: accostamenti di immagini che hanno lo scopo di rafforzare il messaggio. C’è un banchiere della City contrapposto ad un giovane ribelle, c’è un vagabondo messo accanto ad una facoltosa frequentatrice di aste, un bambino e una donna molto anziana.

E infine c’è il dittico incriminato. Lo stesso Gian Butturini lo descrive così nelle note del libro:

Ho camminato di notte, di giorno, ho setacciato gli angoli della città che il turista non vede […] Ho fotografato una donna nera, chiusa nella sua gabbia trasparente; vende biglietti per il metro: sola spenta prigioniera, isola immota e senza tempo tra i flutti di umanità che scorrono si mescolano si fondono davanti alla sua prigione di ghiaccio e di solitudine. […] Ho fotografato il gorilla di Regent Park, che riceve con dignità imperiale sul muso aggrondato le facezie e le scorze lanciategli dai suoi nipoti in cravatta […].

La studentessa rimase colpita negativamente da questo accostamento, travisando completamente il messaggio del fotografo, e iniziò una campagna mediatica contro il libro e contro il suo curatore, accusandolo di razzismo. Nella fotografia lesse l’equazione “donna di colore = scimmia” e si accontentò di questa lettura superficiale. Il problema è che, come la studentessa, anche altri sembrarono interpretare la faccenda in questo modo. Si limitarono a giudicare la singola fotografia senza capire il contesto del libro e soprattutto senza capire che l’intento di Gian Butturini era quello di denunciare una stortura: l’analogia tra la donna e il gorilla dello zoo londinese non stava nel colore della pelle o nelle sembianze ma nella condizione di segregazione.

Ma era troppo tardi. Tutto precipitò rapidamente: l’opinione pubblica impazzì e premette affinché Parr ammettesse il tratto di razzismo nell’accostamento delle due fotografie. Ad un certo punto il fotografo fu costretto a cedere, si scusò pubblicamente e lasciò la direzione artistica del Bristol Photo Festival. Non solo: chiese il ritiro dal mercato e la messa al macero del volume!

Iniziò così la battaglia di Tiziano e Marta, i figli di Gian Butturini. Dallo scorso anno, dopo aver ottenuto la restituzione delle copie ritirate dal mercato, stanno lottando per riabilitare la reputazione del padre e per salvare “London”.

Il libro può essere ordinato scrivendo all’indirizzo archiviogianbutturini@gmail.com, con un contributo di 40 euro per sostenere le spese dell’Archivio.

Ho comprato la mia copia già qualche mese fa e da allora seguo con passione le iniziative di Tiziano e Marta per far conoscere l’opera del padre e la bellissima storia di “London”. E’ una battaglia impegnativa, una denuncia nei confronti dei guasti che può arrecare la cancel culture che tanto va di moda negli ultimi anni.

Gian Butturini, artista, uomo libero e sempre schierato dalla parte degli ultimi, è rimasto vittima di un’odiosa ottusità e merita di essere conosciuto.

Il 45 giri degli Steamhammer, mentre scorreva questa storia, ha smesso di suonare e gira a vuoto sul piatto del giradischi. “Junior’s Wailing” uscì nella primavera del 1969, pochi mesi prima dell’arrivo a Londra di Gian Butturini.

Un poster che annuncia l’uscita del singolo fa capolino in una delle fotografie del libro.

E’ così che ho scoperto la sua esistenza e la musica degli Steamhammer.

La vita è fatta di piccole scoperte, di meraviglie inaspettate. Magari nascoste in un libro che rischiava di finire al macero.


https://www.gianbutturini.com/

https://www.gianbutturini.com/photoreportage/london-by-gian-butturini/


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3 thoughts on “The LondoNerD presents: “London by Gian Butturini””

  1. Grazie di cuore per questo articolo splendido e commuovente, che leggo solo ora.
    Acquisteremo di sicuro questo libro prezioso.
    Hai mai pensato di scrivere tu un libro su Londra? So che c’è di tutto sulla perfida Albione :-), ma do anche che qualcosa creato da te su Londra avrebbe tratti unici e preziosi, un po’ come quella di Butturini.
    Grazie ancora
    Cinzia
    PS conosci i libri e le foto di Hoxton mini Press…a noi piacciono, soprattutto quelli dedicati al east side Di Londra

    1. Ciao Cinzia,

      sono felice che la storia di Gian Butturini ti sia piaciuta. Il libro è davvero una meraviglia.
      Scriverne uno? Al momento non è in programma ma se un domani dovessi provarci sarebbe qualcosa di diverso da quello che scrivo sul blog.
      Hoxton Mini Press: assolutamente sì, li adoro! Ho una copia di “East End in colour”, una vera meraviglia.
      A presto, un caro saluto!

      1. Grazie per la tua risposta!
        Oggi abbiamo acquistato il libro e spero arrivi presto per poterlo sfogliare avidamente.
        Pensa a scrivere un libro seriamente…mi rassegnerò se non dovesse parlare di Londra 🙂
        Immaginavo fossi anche tu un estimatore di Hoxton Mini Press
        Grazie ancora

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