Game of Scones

Dean’s Yard – Tube: St. James’ Park


Sono passati sei mesi dall’incoronazione di Re Carlo III. Una cerimonia memorabile, seguita in televisione da ogni angolo della Terra e che non si teneva da quasi settant’anni, dal giorno in cui la corona fu posta sul capo di Elisabetta II. Era il 2 Giugno 1953 e iniziava un regno che a tutti noi sembrava ormai eterno e che rimarrà probabilmente irripetibile.

Ad un certo punto della cerimonia, Carlo si è seduto su un’antica sedia di legno, vecchia di 700 anni, ripetendo un rito che si tramanda da secoli.

Si tratta della Coronation Chair, costruita per volere di Edoardo I con lo scopo di contenere un manufatto molto speciale. Un oggetto che la notte di Natale del 1950 scomparve nel nulla.

La mattina del 25 Dicembre di quell’anno, infatti, i londinesi si svegliarono con una notizia sconcertante: nella notte qualcuno si era introdotto nell’Abbazia di Westminster e aveva rubato la preziosissima Stone of Scone.

Conosciuta anche come Stone of Destiny o Coronation Stone, si tratta di una pietra in arenaria rossa, con la forma di parallelepipedo. Sulla sua origine esistono numerose leggende, alcune che parlano addirittura della Bibbia e di Giacobbe, che avrebbe raccolto la pietra a Bethel e del profeta Geremia che l’avrebbe poi portata in Irlanda. Attraversò il mare con Fergus Mór, considerato il fondatore della Scozia, e da quel momento in poi fu utilizzata per l’incoronazione dei sovrani scozzesi.

La pietra si trovava a Scone, nei pressi di Perth, all’interno dell’antica Abbazia, oggi scomparsa. Fu qui che Edoardo I, durante la prima guerra d’indipendenza scozzese, la fece rimuovere e trasportare a Londra come bottino.

Per ospitarla commissionò la Coronation Chair sulla quale, con pochissime eccezioni, nel giorno dell’incoronazione si accomodarono i sovrani d’Inghilterra e, dal 1707 in poi, del Regno Unito. L’ultimo, come detto, è stato Carlo III sei mesi fa.

Nel 1914 la Coronation Chair e la Stone of Scone furono danneggiate da una bomba posizionata accanto ad esse da alcune suffragette appartenenti alla Women’s Social and Political Union. L’esplosione danneggiò un angolo dell’antica sedia ma lasciò apparentemente intatta la pietra.

Durante i furiosi bombardamenti tedeschi della seconda guerra mondiale, la Coronation Chair fu spostata sotto la cappella di John Islip, abate di Westminster, dietro antiche bare di piombo. Soltanto pochissime persone conoscevano il nascondiglio. Al termine della guerra, la Coronation Chair e la Stone of Scone tornarono al loro posto.

La notte di Natale del 1950 quattro individui, giunti dalla Scozia pochi giorni prima, entrarono nell’Abbazia dal cortile all’esterno del Poets’ Corner.

La sera prima uno di loro era rimasto nella chiesa dopo la chiusura e aveva memorizzato i movimenti del custode notturno. Fu così che riuscirono ad eluderlo e a rimuovere la Stone of Scone dalla sedia. Durante l’operazione la pietra, lesionata anni prima dalla bomba delle suffragette, si ruppe in due ma i quattro riuscirono comunque nell’impresa. Uscirono dall’abbazia con i due pezzi di pietra avvolti nei cappotti, li caricarono su un’automobile e sparirono nel nulla.

Il frammento più grande fu sepolto in un campo nel Kent e l’altro rimase nel bagagliaio. Dopo una settimana riuscirono a trasferirli in Scozia, nonostante le ricerche in corso e la chiusura del confine con l’Inghilterra, cosa che non accadeva da quattro secoli.

La polizia, come si dice in questi casi, brancolò nel buio per mesi. Poi, finalmente, nell’Aprile del 1951, ricevette un messaggio. La pietra, che nel frattempo era stata riparata, fu rinvenuta dove un tempo sorgeva l’altare dell’Abbazia di Arbroath. Un luogo scelto non a caso, perché proprio a Arbroath venne firmata nel 1320 l’omonima Dichiarazione d’indipendenza della Scozia dall’Inghilterra.

Una volta riportata la Stone of Scone a Londra, le indagini individuarono in poco tempo i responsabili del furto: erano quattro giovani studenti di Glasgow, ferventi indipendentisti, che non furono processati per evitare il rischio di politicizzazione dell’accaduto.

La storia di Gavin Vernon, Kay Matheson, Alan Stuart e Ian Hamilton è stata raccontata da quest’ultimo nel libro “The Taking of the Stone of Destiny”, da cui nel 2008 è stato tratto il film Stone of Destiny.

Nel 1996, 700 anni dopo il furto di Edoardo I, la Stone of Scone è tornata in Scozia e si trova attualmente in una sala del Castello di Edinburgo.

In occasione dell’incoronazione di un nuovo sovrano, è previsto che la pietra ritorni temporaneamente a Londra e ricollocata nell’apposito spazio sotto la Coronation Chair. Terminata la cerimonia che ha consacrato Re Carlo III, la Stone of Scone è rientrata in Scozia.

Stone of Scone… qualche giorno fa, mentre cominciavo a scrivere questo post, la parola “scone” ha iniziato a vagare nella mia testa e ad impadronirsi dei miei pensieri. Pare esista un legame tra il villaggio di 4.000 anime che ha dato il nome alla pietra di cui vi ho parlato e uno dei dolci più deliziosi della cucina britannica, ingrediente fondamentale del Cream Tea. Legame oppure no, il punto è un altro: il solo fatto di aver evocato la parola e l’avvicinarsi del mio compleanno, mi ha fatto decidere di far assaggiare gli scones alla quindicina di amici con cui ho festeggiato ieri sera.

Due brevi annotazioni, prima di condividere la mia ricetta.

Esistono due diverse pronunce della parola scone: /skɒn/ e /skoʊn/. Io utilizzo la seconda, simile a come si pronuncia “tone”. Per capire la differenza viene in aiuto questa vecchia poesia:

I asked the maid in dulcet tone
To order me a buttered scone;
The silly girl has been and gone
And ordered me a buttered scone.

Infine c’è uno spartiacque sulla modalità in cui si farcisce lo scone. Clotted cream prima e marmellata poi: è la tradizione del Devon. Marmellata prima e clotted cream in cima: così si serve il Cream Tea in Cornovaglia.

Ecco dunque la mia ricetta per gli scones.

  • Farina: 500 grammi
  • Lievito: 2 cucchiaini
  • Zucchero semolato: 2 cucchiaini
  • Sale: un pizzico
  • Burro: 110 grammi
  • Latte: 300 ml
  • Uovo: 1
  • Marmellata
  • Panna

Passate al setaccio la farina, il lievito, lo zucchero e la presa di sale (non esagerate, ne basta poco).

Con l’aiuto di una planetaria o di un robot da cucina, aggiungete il burro (rigorosamente a temperatura ambiente) e fate amalgamare per un minuto, non di più.

Create una fontana al centro dell’impasto e versate il latte. Mescolate con le mani (possibilmente fredde ), in maniera grossolana.

Cospargete il piano di lavoro con della farina e rovesciate l’impasto, dategli una forma ovale e poi appiattitelo con delicatezza con un mattarello (anch’esso infarinato), in modo che abbia un’altezza di circa 3 centimetri.

A questo punto potete ricavare gli scones, aiutandovi con una formina del diametro di 4-5 centimetri. Disponeteli su una leccarda ricoperta di carta da forno e spennellateli con del rosso d’uovo.

Non resta altro che infornare per 15 minuti a 190 gradi e gli scones sono pronti da servire, caldi o a temperatura ambiente.

Se siete così fortunati da trovare in Italia la clotted cream già pronta fatemelo sapere, io ho optato per la sempre ottima panna montata.

Ieri sera gli amici hanno gradito: per fortuna gli scones erano morbidi e profumati. Sarebbe stata una disgrazia se fossero venuti duri come pietre, avrei dovuto intitolare il post “Scones of Stone” e non sarebbe stata la stessa cosa.



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