La piccola bottega di Mr. Elgrod

45 Whitechapel Road – Tube: Aldgate East


La storia che vi racconto oggi inizia con una fotografia in bianco e nero.

L’anno in cui fu scattata è il 1975 e mostra un ometto in giacca e cravatta, in piedi sulla soglia di un negozio. Messa così sarebbe una scena piuttosto ordinaria, se non fosse che l’edificio, alto tre piani, è un parallelepipedo che spunta dal nulla, circondato da alte palizzate di legno.

È evidentemente l’unico palazzo superstite, rimasto integro non si sa come dopo che le ruspe hanno spianato tutto ciò che gli stava intorno. Sopra l’insegna della bottega c’è un orologio che segna l’una e cinque minuti e reca la scritta “L. Elgrod”.

Facciamo un salto indietro di qualche anno, al 1969.

Questa fotografia è tratta dal libro “The East End in Colour 1960-1980”, che raccoglie gli straordinari scatti a colori di David Granick. Ecco nuovamente il signor Elgrod, che ha qualche anno in meno e posa per il fotografo nella stessa maniera: sul marciapiede davanti al negozio, con una sigaretta in mano.

Sembra soddisfatto, orgoglioso della sua bottega nelle cui vetrine trova posto una gran quantità di candelabri, tra i quali si riconosce una menorah. Nel corso degli anni, facendo ricerche e consultando varie fonti, ho scoperto altri dettagli sulla vita del signor Elgrod.

Ma prima, forse, devo spiegarvi come sono arrivato ad interessarmi alla vita di questo anonimo commerciante londinese…

Come è già accaduto in passato, lo spunto è arrivato dal mio testo sacro, “Qui Londra”. Tra le fotografie in bianco e nero di Pia Zanetti che chiudono il libro ce n’è una che mi piace molto. Anno 1969.

Mostra una strada un po’ malconcia, con case di mattoni anneriti dal tempo. La percorrono vari personaggi: sullo sfondo uomini della working class, all’apparenza diretti verso il pub; in primo piano, a destra, un tizio che cammina assorto con le mani in tasca e davanti a lui una vecchina che regge la sporta con la spesa; a sinistra quello che sembra un ebreo ortodosso, magari un medico o un dentista, a giudicare dalla borsa. Nella mano regge un ombrello chiuso, forse ha appena smesso di piovere perché sul selciato sembra esserci qualche pozza d’acqua.

Qualche tempo fa decisi di fare qualche ricerca per risalire al luogo della fotografia. Lungo il marciapiede di destra c’è una serie di negozi. Aguzzando la vista si riconoscono le insegne “The Silver Plate Shop”, “Halal Meat Shop”, “J. Leton Ltd. – Diamonds and Fine Jewels”. Il medico/dentista ebreo, gioiellieri e negozi di argenteria… tutti indizi che mi portavano a pensare che la scena fosse stata catturata in qualche vicolo dell’East End, con ogni probabilità scomparso definitivamente. Cominciai quindi a consultare vecchi quotidiani, mappe di cinquant’anni fa, elenchi telefonici…

Dopo qualche tentativo andato a vuoto, finalmente un giorno arrivò la soluzione! Joseph Leton, gioielliere, aveva il suo negozio a Whitechapel, al numero 7 di Black Lion Yard: la strada misteriosa aveva finalmente un nome.

La prima traccia della sua esistenza risale al 1746. Si chiamava così per la presenza della Black Lion Inn, citata da Dickens nel 1840 in “Barnaby Rudge”.

Alla fine del 1800 era prevalentemente abitata da ebrei. Tra il 1880 e il 1905 ne giunsero in questa parte di Londra circa 120.000, provenienti in gran parte da Russia e Polonia a seguito dei pogrom. Portarono con sé le loro tradizioni, i loro commerci e la loro cultura: aprirono numerose sinagoghe, oggi per la maggior parte scomparse, e fiorì il teatro yiddish.

Black Lion Yard congiungeva l’arteria principale del quartiere, Whitechapel Road, con Old Montague Street, che corre parallela a nord.

Ai primi del Novecento divenne famosa per i suoi negozi di gioiellieria, tanto da essere soprannominata la “Hatton Garden dell’East End”.

Leon Elgrod, classe 1889, lavorava in una bottega proprio accanto a quella di Joseph Leton, al numero 9. Fondata nel 1911, come ricorda l’orologio sulla facciata.

Ho trovato una storia curiosa, spulciando i quotidiani dell’epoca.

Venerdì 16 Agosto 1929, poco prima della chiusura, si presentò al bancone un giovane, intenzionato ad acquistare un anello di fidanzamento. Con uno stratagemma riuscì a mandare Elgrod nel retrobottega e rimase solo con la moglie Rachel. Improvvisamente estrasse una manciata di pepe dalla tasca e la gettò sul viso della donna. Lei riuscì a schivarla ma sfortunatamente il giovane la colpì in testa con una chiave inglese. Rachel Elgrod cominciò ad urlare per il dolore e lo spavento e lui non potè fare altro che tentare la fuga. Fu acciuffato quasi immediatamente.

Un mese dopo, all’Old Bailey, andò in scena il processo. Alfred Barnett, 19 anni, professione musicista, diede la colpa del suo gesto ai propri genitori. Lui, ebreo, si era innamorato di una ragazza cristiana e la cosa aveva scatenato profondi dissapori in famiglia. L’avvocato Levy, che lo difendeva, cercò una scusante nel fatto che il ragazzo andava spesso al cinema, a vedere film che parlavano di crimini e delitti e che era solito leggere romanzi gialli. Non esattamente una brillante strategia difensiva!

Gli affari di Elgrod prosperarono e il negozio superò anche i duri anni della seconda guerra mondiale, quando Whitechapel fu pesantemente bombardata e molti abitanti e commercianti decisero di spostarsi in altre zone della città.

Rachel Elgrod morì nel 1967, all’età di 76 anni. Rimasto vedovo, Leon dovette affrontare un’ultima battaglia. Black Lion Yard fu infatti inserita nella lista delle strade del quartiere che sarebbero state demolite in breve tempo.

Oggi, in Whitechapel Road, potete vedere la moderna Black Lion House, che nel nome ricorda la strada che non esiste più.

Gli abbattimenti cominciarono nel 1972.

Riesco ad immaginare il piccolo signor Elgrod barricato nel suo negozio, mentre le ruspe demoliscono spietate quella che per decenni è stata la sua vita. Sento quasi il rumore assordante dei calcinacci che crollano e i muri che tremano sotto i colpi dei martelli pneumatici. Lui è chiuso dentro e trattiene a stento le lacrime.

Nel 1975 il povero Leon Elgrod dovette cedere ai palazzinari e abbandonare la nave. Sarebbe rimasto a bordo volentieri, inabissandosi insieme ad essa.

Prima di andarsene posò per la fotografia che avete visto all’inizio di questo articolo.

Ecco, adesso sapete tutto.


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