Il secondo Blitz di Londra

52 Campden Hill Square – Tube: Holland Park


Nella cripta della cattedrale di St. Paul, all’interno della cappella di St. Faith, c’è una piccola lapide circolare su cui sono incise le seguenti righe:

Gordon Hamilton-Fairley DM FRCP, first professor of medical oncology, 1930-75. Killed by a terrorist bomb. It matters not how a man dies but how he lives.

Il mio racconto di oggi contraddice in parte quest’ultima frase, perché dirò qualcosa della vita di Gordon Hamilton-Fairley ma mi soffermerò soprattutto sulla sua tragica scomparsa.

La mattina di mercoledì 22 Ottobre 1975 il telefono squillò nell’elegante abitazione del deputato conservatore Hugh Fraser e della moglie Antonia, scrittrice. Una voce distinta chiese alla cameriera a che ora Fraser fosse solito uscire di casa al mattino. La donna, senza pensarci, rispose che ciò accadeva più o meno intorno alle 8.

Avrebbe dovuto tacere, chiudere la telefonata e avvisare subito il padrone di casa, perché in quei giorni era in pieno svolgimento quello che qualcuno aveva battezzato il “secondo Blitz di Londra”. Da un anno circa la città e i suoi sobborghi erano infatti il teatro di una catena di attentati della Provisional Irish Republican Army, l’organizzazione paramilitare terroristica che si batteva per la fine della presenza britannica in Irlanda del Nord e la riunificazione con la Repubblica d’Irlanda.

Tra l’Ottobre del 1974 e il Dicembre dell’anno successivo avvennero ben 40 attacchi, quasi tutti rivolti nei confronti di innocenti cittadini. Nella sola giornata del 27 Gennaio 1975 i terroristi piazzarono sette ordigni a orologeria nel centro di Londra.

Molti attentati privilegiarono il West End, colpendo ristoranti e teatri allo scopo di spargere il terrore e guadagnare più facilmente le prime pagine dei quotidiani.

La sera del 12 Novembre 1975, ad esempio, un grosso oggetto sfondò la grande finestra circolare di Scott’s, rinomato ristorante di Mayfair. Dopo qualche secondo la bomba esplose, uccidendo un uomo di 59 anni e ferendo gravemente 15 persone.

Anche i politici erano sotto tiro, in quei giorni difficili. Ecco perché la cameriera di casa Fraser avrebbe dovuto chiudere la telefonata.

Ormai il guaio era fatto. Quella stessa notte un uomo piazzò una bomba di sei chilogrammi sotto una delle ruote della Jaguar XJ6 color verde di Fraser, parcheggiata davanti a casa.

Il mattino seguente il professor Gordon Hamilton-Fairley, oncologo al St. Bartholomew’s Hospital, australiano di nascita, padre di quattro figli e vicino di casa dei Fraser, uscì per la consueta passeggiata con i suoi due barboncini, Emmy-Lou e Bimmy.

Era appena rientrato da un viaggio di lavoro in Australia e quel giorno era in ferie. Aveva recentemente rifiutato l’incarico di medico personale della Regina per continuare a dedicarsi alle sue ricerche per la cura del cancro.

Dopo pochi passi Hamilton-Fairley notò qualcosa di strano sotto la Jaguar e si abbassò per osservare da vicino. Uno dei cani approfittò della pausa per fare i suoi bisogni contro una ruota. L’urina innescò l’ordigno e improvvisamente l’intero quartiere fu scosso da un boato.

L’auto saltò in aria e atterrò sul tetto. Pezzi di carrozzeria volarono a distanza di decine di metri e il busto del povero Hamilton-Fairley ricadde nel giardino dei Fraser. Anche i due cani morirono all’istante. Una delle gomme della Jaguar sorvolò il tetto dei Fraser e finì nel giardino della Contessa di Liverpool, che in quel momento stava facendo colazione.

Il celebre attore Jeremy Brett, che viveva poco distante, dichiarò ai giornalisti: “Serve un fatto del genere perché le persone parlino l’una con l’altra. La maggior parte della gente che abita in questa piazza non ha parlato per anni con i propri vicini. Adesso sono tutti qui fuori, contesse e principesse senza trucco.”

Quella mattina, a casa Fraser, c’era un’ospite speciale: Caroline Kennedy, figlia diciassettene del defunto presidente americano e di Jackie, amica di vecchia data dei Fraser).

Era a Londra per motivi di studio e quel giorno avrebbe dovuto partecipare ad un corso della casa d’aste Sotheby’s. Hugh Fraser si era offerto di darle un passaggio in macchina ma, proprio mentre stava uscendo di casa, fu trattenuto da una telefonata di un collega deputato, Jonathan Aitken.

Il giorno prima una telefonata aveva rischiato di costare la vita a Fraser e una seconda telefonata salvò lui e la giovane rampolla dei Kennedy, oggi ambasciatrice statunitense in Australia. Il Paese natale del povero Gordon Hamilton Fairley, vittima innocente dei terroristi irlandesi.

Il terrore a Londra si concluse la sera del 6 Dicembre, dopo un secondo attacco a Scott’s, il ristorante di Mayfair già colpito il 12 Novembre. I quattro componenti della cellula terroristica, a bordo di una Ford Cortina rubata, spararono attraverso le finestre del locale ma furono intercettati da un’auto della polizia. Dopo un drammatico inseguimento si barricarono al numero 22b di Balcombe Street, Marylebone, sequestrando una coppia di mezza età che in quel momento stava guardando in tv una puntata di Kojak. La polizia rifiutò di trattare e di fornire loro un aereo per l’Irlanda e i terroristi si arresero dopo sei lunghi giorni di assedio in cui rigettarono tutte le ripetute offerte di cibo. Stremati dalla fame, cedettero dopo che dal piano superiore furono calati dei piatti con salsicce, cavoletti di Bruxelles, patate e pesche in scatola.



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3 thoughts on “Il secondo Blitz di Londra”

  1. Le targhe, le intitolazioni di piazze e di vie e di luoghi sono importanti. Ogni nome conosciuto ci aiuta a dedicare un pensiero. Mi fermo sempre davanti ad un nome che mi è sconosciuto: oggi in un attimo posso risalire alla sua storia e onorarlo o appuntarmelo per farlo appena possibile.
    Siamo immerse e immersi in una toponomastica che mantiene viva la memoria collettiva. Me ne occupo anche per mestiere — sia delle intitolazioni passate, sia di quelle in fase di attribuzione — e considero questa pratica tutt’altro che puramente formale.
    Grazie per questa segnalazione.

    1. Quello che dici è verissimo. E a questo proposito mi sono appena ricordato che l’anno scorso ho proposto un nome per una blue plaque a Londra. Non ti svelo chi è ma pare che la mia proposta sarà vagliata all’inizio del prossimo anno… 😉

      1. Bello sapere che ci sono persone, singole cittadine e singoli cittadini, che conoscono e usano questa pratica, che si attivano, si informano sulle modalità per richiederla, che l’argomentano…
        Sono proprio curiosa, mantieni aggiornamenti!

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