Temple Bar, la porta che visse tre volte

Paternoster Square – Tube: St. Paul’s

La fotografia in bianco e nero che segue è tratta da Qui Londra, la monografia del 1969 che per prima fece scoccare la scintilla che con il passare degli anni mi ha trasformato in un LondoNerD.

E’ decisamente uno scatto d’altri tempi: un motociclista barbuto e capellone sprovvisto di casco precede un Routemaster diretto a London Bridge che sta per essere sorpassato da una Austin FX4, l’icona del taxi londinese messa in pensione dalla fine degli anni ’90. Sullo sfondo svettano i pinnacoli neogotici delle Royal Courts of Justice e nel mezzo della carreggiata c’è uno strano monumento che la didascalia del libro chiama Temple Bar Memorial: un elaborato basamento di pietra in cima al quale si staglia contro il cielo un dragone alato, l’insegna araldica della City of London. Si trova nel punto in cui lo Strand prende il nome di Fleet Street (e viceversa).

Il piedistallo del monumento, in stile neorinascimentale e disegnato da Horace Jones, è decorato dalle sculture della Regina Vittoria e di suo figlio, il futuro Edoardo VII. Il dragone è opera di Charles Bell Birch.

Spostiamoci adesso in direzione est, risalendo Fleet Street. A poche decine di metri da St Paul’s Cathedral, nel 2004 è comparso quasi dal nulla un arco in pietra che fa da ingresso a Paternoster Square, la recente piazza sede dello Stock Exchange e di importanti banche d’affari.

La porta sorge tra due edifici recenti e non potrebbe essere altrimenti: nel dicembre 1940 i bombardamenti tedeschi devastarono la zona a nord di St Paul’s, lasciando miracolosamente intatta la sola cattedrale. Paternoster Row, il fulcro del commercio librario londinese, sede di molte case editrici, andò letteralmente in fumo insieme a circa 5 milioni di volumi. Dopo decenni di progetti e di edifici poco convincenti, all’inizio del nuovo millennio sorse l’attuale piazza.

Nel 2004, come dicevo, comparve questo arco in pietra di Portland in stile barocco: il suo nome è Temple Bar. Ma allora come si spiega il nome del monumento che sta davanti alle Royal Courts of Justice, il Temple Bar Memorial? Come può essere il memoriale di qualcosa che è arrivato soltanto nel 2004?

La spiegazione è semplice ma lascia a bocca aperta: la porta di Paternoster Square è esattamente la stessa che fino al 1878 si trovava alla confluenza dello Strand in Fleet Street e che costituiva l’ingresso alla City per chi proveniva da fuori!

Fin dal Medio Evo esistevano degli sbarramenti posti nei vari punti di ingresso della City (Ludgate, Newgate, Aldersgate, Cripplegate, Moorgate, Aldgate e Bishopsgate), allo scopo di regolare il commercio. Temple Bar era uno di questi e prese il nome dalla Temple Church, poco distante. Si sa che nel 1351 esisteva una porta in legno dotata di una piccola prigione al piano superiore. In occasione delle celebrazioni per la sconfitta dell’Invincibile Armata spagnola, nel 1588, la regina Elisabetta I giunse al Temple Bar e qui ricevette dal Lord Mayor le chiavi della City. Questa tradizione continua ancora oggi: nelle occasioni di particolare rilevanza la sovrana sosta all’altezza del Temple Bar Memorial e riceve dal sindaco il “permesso” di varcare l’ingresso della City.

La porta scampò miracolosamente al Grande Incendio del 1666 ma il re Carlo II commissionò comunque il rifacimento della porta all’architetto Wren. Nel 1672 il nuovo Temple Bar fu inaugurato. Un grande arco centrale era affiancato da due più stretti passaggi per i pedoni e le quattro statue che lo decoravano erano lì a celebrare la recente restaurazione della monarchia degli Stuart: sul lato che guardava Westminster stavano Carlo II ed il padre Carlo I; sulla facciata opposta i genitori di quest’ultimo, Giacomo I e Anna di Danimarca. Durante il diciottesimo secolo le teste dei traditori giustiziati venivano issate su lunghi pali di legno ed esposte sul tetto del Temple Bar, così come avveniva lungo il London Bridge. Una stanza al piano superiore diventò l’archivio della Child & Co., una banca che aveva sede poco lontano. Il Temple Bar non costituiva per niente una barriera inattaccabile: il negozio di barbiere adiacente aveva due porte, una nella City e una che dava su Westminster!

Nella seconda metà del secolo successivo il traffico cittadino aveva raggiunto un livello tale per cui il Temple Bar era diventato un vero e proprio collo di bottiglia, senza contare il fatto che cominciava a mostrare preoccupanti segni di cedimento. La City of London Corporation non era però disposta a distruggere un monumento così importante e decise quindi di smantellarlo pezzo per pezzo. Ci vollero 11 giorni e i 2.700 frammenti furono numerati e conservati in Farringdon Road.

Il dipinto qui sopra è opera di James Abbott McNeill Whistler, celebre pittore americano che abbiamo già incontrato in un post precedente nelle vesti di maestro di Walter Sickert. Si intitola “Harmony in Pink and Grey” e raffigura Lady Meux, all’anagrafe Valerie Susan Langdon. Di umili origini, incontrò il facoltoso Sir Henry Meux, erede dell’omonima fabbrica di birra, al Casino de Venise di Holborn, dove faceva la cameriera e suonava il banjo. Donna esuberante e controversa (girava per Londra su una carrozza scoperta trainata da due zebre), non fu mai accettata dalla famiglia del marito e dall’alta società e cercò per tutta la vita il riscatto da questa situazione.

Nel 1887, su richiesta della moglie, Sir Henry Meux acquistò dalla City di Londra il Temple Bar. Fu trasportato a 14 miglia di distanza, nella contea dell’Hertfordshire, e rimontato pezzo per pezzo, esattamente com’era in precedenza. Divenne l’ingresso della lussuosa abitazione della coppia, Theobalds Park. Qui Lady Meux era solita organizzare feste memorabili e spesso, nella stanza al piano superiore del Temple Bar, si esibiva al banjo di fronte ad ospiti come il Principe di Galles ed il giovane Winston Churchill.

Sir Henry morì prematuramente nel 1900 e la moglie gli sopravvisse altri dieci anni. Lasciò in eredità Theobalds Park a Sir Hedworth Lambton, a patto che cambiasse in Meux il proprio cognome. Il Temple Bar subì un lento, inesorabile declino per tutto lo scorso secolo, come mostra la seguente immagine che risale ai primi anni ’70.

Nel 1984, per la simbolica cifra di una sterlina, fu ceduto al Temple Bar Trust, che si era costituito qualche anno prima con il preciso scopo di riportare nella City il monumento di Wren. Con una spesa complessiva di 3 milioni di sterline e 16 mesi di lavoro, il Temple Bar fu nuovamente smantellato, riportato a Londra e ricostruito tale e quale all’ingresso di Paternoster Square. Fu inaugurato ufficialmente il 10 novembre 2004.

La prossima volta che passate dalle parti di St Paul’s Cathedral fategli visita, è il minimo riconoscimento per un pezzo di città che ne ha passate tante e che forse oggi ha trovato il meritato riposo. Sbrigatevi, però: magari il giorno che deciderete di andarci avrà deciso di traslocare nuovamente!

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