The Crystal Span, il ponte impossibile

Vauxhall Bridge – Tube: Vauxhall


Avevo letto da qualche parte che a Londra esisteva una seconda cattedrale di St. Paul. Una versione in miniatura, incredibilmente dettagliata, che avrei potuto vedere soltanto sporgendomi dal parapetto di un ponte, più precisamente all’altezza del secondo pilone del Vauxhall Bridge, sul lato destro arrivando dalla sponda nord del fiume, quella dove sorge la Tate Britain.

Le indicazioni erano chiare e quindi, in un pomeriggio in cui camminavo da quelle parti, andai in cerca della piccola cattedrale.

La trovai subito, nel palmo della mano sinistra di una figura di bronzo che rappresenta l’Architettura, opera dello scultore Frederick Pomeroy.

Le altre statue poste sul lato che guarda a monte del Tamigi sono sempre sue e rappresentano l’Agricoltura, l’Ingegneria e la Ceramica. Ulteriori quattro allegorie, in direzione di Westminster, sono la Scienza, le Belle Arti, l’Educazione e il Governo Locale e furono scolpite da Alfred Drury. Risalgono tutte al 1907, l’anno successivo all’inaugurazione ufficiale del Vauxhall Bridge.

Quello attuale è in effetti il secondo ponte, che sostituì il primo ultimato nel giugno del 1816.

Era un ponte a pedaggio, esattamente come l’Albert Bridge di cui ho già parlato, progettato in previsione di un’espansione della città sulla riva meridionale del fiume e della costruzione di eleganti quartieri residenziali. Non andò esattamente così, perché la costruzione della Millbank Prison sulla sponda nord e l’apertura della fabbrica di ceramica Doulton and Watts sull’altra riva allontanarono i londinesi più abbienti.

Nel 1879, con il passaggio dai privati al Metropolitan Board of Works, cessò l’applicazione del pedaggio e pochi anni dopo emersero le precarie condizioni statiche del ponte, che resero necessaria la sua demolizione.

Ci vollero quasi dieci anni per vederlo finalmente concluso, su disegno (piuttosto anonimo ma solido) dell’ingegnere civile Alexander Binnie.

Fu proprio per abbellire la struttura che vennero quindi commissionate le statue sui due lati del ponte, installate in apposite nicchie nel Settembre del 1907.

Purtroppo la loro posizione non è particolarmente felice, perché per vederle bisogna sporgersi abbondantemente dal parapetto. Quasi nessuno si accorge di loro.

Ciò che invece non passa inosservato, quando si attraversa il Vauxhall Bridge, è l’enorme complesso chiamato St George Wharf, un insieme di edifici completati una decina di anni fa che si estende su una superficie di ben 93.000 metri quadrati.

E’ fatto di acciaio e vetro, tantissimo vetro. E proprio questo materiale è il protagonista della storia che ho scoperto approfondendo la storia del Vauxhall Bridge.

La prossima volta che salite in macchina date un’occhiata ai finestrini, al parabrezza o al lunotto. C’è una buona probabilità che troviate un marchio con la scritta Pilkington.

L’azienda, fondata nel Lancashire quasi due secoli fa, è un colosso della produzione del vetro e detiene innumerevoli brevetti.

Nel 1937 Pilkington creò il Glass Age Development Committee, una struttura quasi fantascientifica che aveva lo scopo di promuovere l’utilizzo del vetro come materiale per la costruzione di edifici in Gran Bretagna.

Formata da eminenti architetti, ingegneri e tecnici, nessuno dei suoi progetti divenne realtà ma alcune idee fecero scalpore.

Qualche esempio? La proposta datata 1955 di radere al suolo l’intera Soho per sostituirla con architetture in vetro; un eliporto alto 46 metri (ovviamente in vetro) al posto di St Giles Circus, progetto del 1957; la città di Motopia (1961), in cui le strade erano costruite sopra gli edifici per eliminare l’inquinamento dal suolo e i cui 30.000 abitanti si spostavano in vaporetto lungo laghi e canali per andare al lavoro.

Le provocazioni iconoclaste del Glass Age Development Committee arrivarono nel 1963 sulle sponde del Tamigi, dalle parti del Vauxhall Bridge.

L’idea era quella di sostituirlo con un ponte mai visto prima.

Una struttura alta sette piani, lunga 300 metri e larga 39, contenuta in una capsula di vetro dotata di aria condizionata.

Il livello più basso avrebbe consentito il traffico delle automobili, lungo sei corsie, e avrebbe ospitato un parcheggio per 300 veicoli.

Immediatamente sopra avrebbe trovato posto una cinquantina di negozi.

Ci sarebbe stato spazio per un anello per il pattinaggio sul ghiaccio, per un lussuoso hotel da 120 camere e per vari ristoranti con vista sul fiume.

Sulla sponda nord i progettisti avevano pensato ad un’estensione della Tate Gallery, che soffriva di una cronica mancanza di spazio per la sua collezione di arte contemporanea.

Infine il tetto, con un grande teatro all’aperto e intorno ad esso giardini pensili e sentieri panoramici.

Come andò a finire lo potete immaginare. Il progetto era troppo costoso e avveniristico e il London County Council rifiutò di sborsare 7 milioni di sterline.

Il Vauxhall Bridge è ancora al suo posto. Potete quindi sporgervi dal suo parapetto e sbirciare le sue otto statue che quasi tutti ignorano.


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4 thoughts on “The Crystal Span, il ponte impossibile”

    1. Grazie a te, Anna Maria. Presto scriverò ancora sul Glass Age Development Committee, è una vera chicca!

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